L' influsso di Petrarca e devozione moderna in uno specchio del principe „medievale“ (Andreas Pannonius: „De regiis virtutibus“, 1467)

Sándor Bene

Istituto delle Scienze Letterarie dell'Accademia Ungherese delle Scienze di Budapest

Le opere rimaste di Andrea Pannonio, due specchi dei principi di stampo scolastico e un commento al Cantico dei cantici scritto in chiave di teologia mistica, da parecchio tempo costituiscono un’ anomalia imbarrazante nella storia letteraria ungherese. Dato il consensus quasi unanimo circa il carattere „medievale“ delle opere in questione, gli studiosi fanno fatica di ambientarle nel contesto del pieno rinascimento quattrocentesco della Ferrara estense, dove sono nate. Nella presente conferenza, in base ai risultati preliminari della nuova edizione critica in corso dei due specula principum, si fa un tentativo di sciogliere le apparenti contraddizioni.

Andrea Pannonio fu un certosino di origine ungherese (fra circa 1420 e 1472) che ha passato la maggior parte della sua vita in Italia, muovendosi di convento in convento del suo ordine (da Venezia a Bologna a Ferrara e infine a Pavia). Conosceva di persona Giovanni di Hunyad, era presente al battesimo del Mattia di Hunyad a Kolozsvár e dopo aver preso i voti nell’ ordine certosino, risulta di esser stato in contatto con il vescovo di Pécs Janus Pannonius, con il cardinale István Várdai e tramite loro probabilmente anche con l’ arcivescovo di Strigonia, János Vitéz (Ivan Vitez de Zredna). Pare che potesse avere qualche ruolo nel creare la rete diplomatica con l’ estero degli alti prelati ungheresi: non era per caso che il duca di Ferrara Borso d’ Este teneva un rapporto confidenziale con lui e appoggiò l’ elezione di Andrea al al posto di priore della famosa Certosa della città. La prima delle due opere in questione, la De regiis virtutibus, Andrea la scrisse nel 1467 a Ferrara e la dedicò a Mattia di Hunyad, allora già re dell’ Ungheria.

Lo speculum strutturalmente si divide in due parti. Nei primi ventisette capitoli l’ autore invita il re ungherese a mettersi alla testa della guerra santa contro i Turchi e dà un’ analisi esauriente delle virtù necessarie a rispondere alle condizioni morali indispensabili per compiere tale vocazione (fede, speranza, carità, prudenza, temperanza, forza e giustizia, nonchè altre virtù limitrofe come la magnanimità, clemenza, castità ecc.). I dieci capitoli della seconda parte trattano de quattuor novissimis, cioè le quattro fasi finali della vita umana le quali il re dovrebbe contemplare, per poter arrivare alla perfezione morale richiesta dalla santa missione: la morte, il giudizio universale, la perdizione e la gloria eterna.

In altra sede si è gia tentati di seguire l’ itinerario intellettuale dell’ autore che lo portò da una teologia di stampo tomista e da un’ impostazione politica aristotelica a un approccio teologico francescano-scotista e ad una visione politica platoneggiante che prevale nel secondo speculum principis di Andrea Pannonio, scritto quattro anni dopo (Ad Herculem … libellus, 1471) e dedicato a Ercole d’ Este recentemente promosso al potere di Ferrara, dopo la morte inaspettata del duca Borso. Ora invece si mette a punto la prima versione, la quale sotto l’ apparente fisionomia scolastica „medievale“, grazie ad un uso raffinato dei fonti non segnalati, mostra un apprendistato prettamente umanistico. La ricerca dei fonti documenta la presenza fortissima del Petrarca e non solo — come si aspettasse da un certosino — tramite testi come il De vita solitaria o il De otio religioso, bensì da brani lunghissimi prestati dalle raccolte di epistole petrarchesche. I testi riferiti (il De republica optime administranda liber e il De officio et virtutibus imperatoriis liber, rispettivamente Sen. XIV, 1 e IV, 1) determinano non solo la struttura e il genere letterario del De regiis virtutibus („epistola“, come varie volte la nomina l’ autore stesso), ma segnano un approccio decisamente umanistico all’ esaltazione dell’ eroe centrale, il giovane re ungherese. Dall’ altra parte, anche i capitoli „meditativi“ del De regiis virtutibus rivelano una novità finora poco apprezzata: accanto ai luoghi comuni del contemptus mundi esemplificati ancora dalle epistole del Petrarca (p. es. Fam., VIII, 8), spuntano i testi di un Geert Groote, capostipite della devozione moderna. Fenomeni di anomalie solo a prima vista e solo secondo schemi interpretativi troppo rigidi — fenomeni invece del tutto naturali nella Ferrara quattrocentesca, officina esemplare della coesistenza e communicazione reciproca dei correnti intellettuali umanistici da una parte e rinascita religiosa e devotio moderna dall’ altra.

 
z/staronovo-bene.txt · Last modified: 14. 11. 2012. 09:09 by filologanoga
 
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